I giovani del Liceo Classico e Linguistico “si riappropriano” della città di Camerino

Venerdì 25 e sabato 26 ottobre tutte le classi dell’indirizzo classico e le classi quarte del liceo linguistico hanno avuto la possibilità di entrare nel cuore di Camerino, per una full immersion nella cultura locale, che i giovani, a seguito del terremoto del 2016, stanno dimenticando o, ancora peggio per le ultimissime generazioni, non conoscono nel loro quotidiano, ormai dislocato fuori dalle mura cittadine. 

L’attività, inserita nel progetto «I mestieri dell’arte» a cura della prof.ssa Ilde Cipolletti e della prof.ssa Michela Di Paolo, che ha curato anche la ricerca e la preparazione svolta dagli studenti, è iniziata dall’incontro, presso l’aula magna del polo scolastico, con il restauratore Emanuele Ticà e il designer Marco Armoni dell’équipe di restauro e allestimento mostre «Mastro T». Gli esperti hanno illustrato le rispettive professionalità messe in campo - dalla progettazione allestiva alla comunicazione coordinata alla movimentazione delle opere - per realizzare la mostra «L’arte torna in centro», esposizione temporanea accolta presso la sede del nuovo rettorato in via Pieragostini (ex convento di San Salvatore e già Istituto magistrale).

Subito dopo le classi si sono recate nel centro storico e, visto il numero cospicuo di oltre centoventi alunni -  hanno visitato a turno la mostra ed effettuato un percorso guidato per le vie di Camerino. Maria Vittoria Tamagnini ha illustrato in modo chiaro e accattivante le opere esposte, che rappresentano una selezione di quelle recuperate e messe in salvo dopo il terremoto, pezzi pregevoli testimoni dello splendore dell’arte medievale e rinascimentale camerte, come l’Annunciazione e Cristo in Pietà di Giovanni Angelo d’Antonio, la Madonna in trono di Arcangelo di Cola o il busto di papa Urbano VIII, scolpito nella bottega di Gian Lorenzo Bernini, uno dei più grandi ritrattisti di ogni tempo.

Dal percorso visivo e artistico Roberta Grifantini ha guidato i presenti attraverso un itinerario inusuale quanto affascinante, un percorso invisibile, com’è quello olfattivo, che associando particolari odori e profumi alle immagini artistiche rappresentate, si è spinto a una comunicazione profonda, toccando più direttamente le corde dell’anima.

È stata una nuova e bella esperienza per i ragazzi e i professori presenti, all’interno della storia delle opere stesse, esperienza che ha anche rievocato l’arte dei simbolisti francesi. Scriveva, infatti, Charles Baudelaire nel sonetto Corrispondenze, precorrendo moderne esperienze conoscitive e comunicative

La Natura… è una foresta di simboli che l’uomo
attraversa nel raggio dei loro sguardi familiari.
Come echi che a lungo e da lontano
tendono a un’unità profonda e buia
grande come le tenebre o la luce
i suoni rispondono ai colori, i colori ai profumi.
Profumi freschi come la pelle d’un bambino,
vellutati come l’oboe e verdi come i prati,
altri d’una corrotta, trionfante ricchezza
che tende a propagarsi senza fine – così
l’ambra e il muschio, l’incenso e il benzoino
a commentare le dolcezze estreme dello spirito e dei sensi

E così il fumo profumato dell’incenso, emanato vicino all’Annunciazione di Giovanni Angelo d’Antonio, ha suggerito il profondo legame instaurato tra l’Angelo e la Madonna in preghiera, evocando messaggi di spiritualità che da Dio scendono agli uomini e viceversa, la dolcezza e la serenità emanate dal profumo di vaniglia di fronte alla Madonna in trono hanno raccontato, meglio di tante storie, l’infanzia e il più amorevole degli incontri tra una madre e il suo bambino, lo zibetto, collegato al collo di ermellino di Giovanni Maria di Varano, ha evocato appieno il clima di nobiltà e regalità del primo (e unico) duca di Camerino, mentre il sensuale profumo di benzoino, affiancato al ritratto di Caterina Cybo ha suggerito il clima elegante e sensuale delle dame dell’epoca.  

Una sezione della mostra è infatti dedicata ai personaggi che hanno caratterizzato l’inizio, l’apice e lo sviluppo della signoria dei da Varano, che prese le mosse proprio da quella Rocca Varano che controllava le vie di passaggio e che il pittore camerte di fine Ottocento Napoleone Parisani ha ritratto in uno dei suoi quadri più noti, contenuto anch’esso nell’esposizione, insieme al costume realizzato a mano per la signora da Varano in occasione della rievocazione della Corsa alla spada 2024, ispirato a un dipinto di Giovanni Boccati.

Il percorso successivo per le vie del centro di Camerino è stato, allora, un naturale e necessario completamento alla mostra, chiarendo la corrispondenza significativa tra le opere d’arte e la città, coi suoi personaggi più famosi e i luoghi e gli edifici che li hanno caratterizzati.

 Tra le vie e i vicoli provati dal terremoto, gli edifici puntellati o abbattuti, le voci di oltre venti ragazzi hanno vinto il silenzio di una città ormai immobile e prostata, impegnati a tutto campo nel rivestire il ruolo di ciceroni, che hanno illustrato la storia della città al resto della scolaresca e a qualche passante curioso.

Il percorso si è snodato dalla piazza del Duomo, di fronte all’ala antica del Palazzo ducale, dove la storia dei da Varano in città ebbe inizio con Gentile I, quando questi risollevò le sorti del paese devastato e spogliato dalle truppe di Manfredi nel 1259, ponendosi come capo e reiteratamente podestà, confiscando o acquistando dalla famiglia Vicomanni quell’edificio che diventò la prima sede per la sua famiglia. Fu seguito poi da Venanzio che ampliò l’edificio e lo estese, abbellendolo, fino alle sale di rappresentanza e al maestoso quadriportico che Giulio Cesare Varano realizzò per ultimo e che in questi giorni è visibile alle giovanissime generazioni solo attraverso un pertugio di rete di copertura per i lavori di ricostruzione.

Quindi è stata la volta del Palazzo arcivescovile, con la statua di Sisto V al centro della piazza e su, attraverso il corso Vittorio Emanuele, del Palazzo del comune, che conserva importanti epigrafi romane e le due grandi tele (e relativi affreschi sottostanti) raffiguranti l’episodio del foedus stretto tra i camerti e Roma nel 309 a.C. e la vittoria di Caio Mario nella battaglia contro i cimbri nel 101 a.C., alla quale parteciparono due coorti camerti. L’accenno al municipio ha dato modo di ricordare l’illustre storia camerte unita ai destini di Roma, sia in età repubblicana che imperiale. È solo una storia immaginata, narrata, impossibile da vedere neanche attraverso i noti reperti, non fruibili a causa del terremoto, ma che ha suscitato meraviglia e orgoglio negli studenti che quotidianamente si approcciano alle materie classiche senza spesso sapere di possedere radici così nobili.

Quindi tra le anguste case del quartiere ebraico i ragazzi hanno spiegato l’importanza di questa comunità proprio ai tempi dei da Varano, grazie alle loro finanze collegate agli investimenti economici dei signori, sì combattenti, coinvolti in eccidi e alleanze strategiche, ma anche mecenati e sensibili alle arti, come fu Giulio Cesare. 

Una breve sosta di fronte alla maestosa chiesa di San Francesco, unico monumento sopravvissuto alla distruzione operata dalle truppe di Manfredi e tra le prime chiese erette al Santo poco dopo la sua morte, per poi proseguire per la via di Camillo Lili, padre degli storici camerti, fare una sosta di fronte alla chiesa di Santa Maria in via, divenuta il simbolo del sisma del 2016 e terminare quindi alla Rocca borgesca, dove i giovani ciceroni si sono sbizzarriti nel narrare l’eccidio di da Varano, l’effimero dominio sulla città di Cesare Borgia, il governo del duca Giovanni Maria, la peste, la fuga di Caterina Cybo e della giovane erede Giulia, le ipotesi piene di fascino sui sotterranei, gli aneddoti e le favole che si intrecciano intorno alla monumentale costruzione.

Il lavoro di ricerca e di documentazione di Camerino, specie del periodo affascinantissimo della signoria varanesca, che nulla ha da invidiare a molte raffinate signorie italiane, è stato svolto grazie ai confronti a scuola e all’esterno, con esperti che hanno accolto con generosa disponibilità l’invito a confrontarsi coi giovani ciceroni, dalla dottoressa Fiorella Paino, presidente della sezione Archeoclub camerte, a Manuel Bernardini curatore di un sito dedicato ai da Varano, all’avvocato Giuseppe De Rosa, da sempre studioso appassionato della storia locale. 

Sono state due giornate nelle quali i giovani sono tornati in centro, si sono riappropriati, con allegria e curiosità delle loro radici che il tempo trascorso dal terremoto rischia di far vaporizzare nei ricordi o nella ignoranza, a causa della giovane età.

Per alcuni di loro quei luoghi ripercorsi sono stati luoghi dell’infanzia spensierata, collegata alle scuole, alle attività ludiche o associative, sono stati le vie del passeggio con la famiglia, di incontro e di divertimento con gli amici, per altri, ancora più giovani, rappresentano oramai solo racconti confusi, disabituati come sono a percorrere quelle strade puntellate e pronti a proiettarsi al nuovo che altre realtà offrono; per tanti altri giovani del circondario rappresentano ruderi, come tanti in giro, che il terremoto ha creato livellando nella distruzione e cancellando differenze.

Di certo per tutti, la visita alla mostra e il percorso per città scandito dalle spiegazioni dei ragazzi, a otto anni esatti dal sisma, hanno rappresentato un segnale di speranza, ancor più bello perché tale anniversario è coinciso involontariamente, e venuto proprio dai giovani e dalla loro disponibilità a conoscere e far conoscere, pur orientandosi troppo spesso tra le pagine dei libri più che dalla loro esperienza sul campo, dal desiderio di recuperare le radici, che sono sempre il riferimento indispensabile per ogni vivente.

Anche se la vita va avanti, qualcosa nel loro animo è resiliente, perché, come scriveva Pavese, «un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti», come quel paese antico arroccato sulle mura.

Un grazie al preside prof. Francesco Rosati, che ha sollecitato la visita, e un ringraziamento al sindaco Roberto Lucarelli, ad Antonella Nalli, assessore alla cultura, e a Silvia Piscini, assessore alle scuole, che hanno risposto prontamente all’iniziativa, dando un bel segnale di vicinanza nell’accoglienza e nel saluto ai giovani visitatori.

Una mattinata degna di essere ricordata, con ragazzi che, se educati a coltivare la memoria e loro storia, sapranno un giorno prendere il testimone della città.