Sulle tracce di Calvino e non solo
Vi siete mai sentiti in trappola? Vi è mai capitato di trovarvi in un luogo e di provare una situazione di disorientamento totale? Questo è quello che succede al protagonista del romanzo di Calvino “Se una notte d’inverno un viaggiatore”, che si trova perso in una stazione. O anche alle tante vittime ebree e non, che smarrite, si ritrovano alienate, chiuse in un vagone che parte da una stazione e che le porta in un campo che finirà per essere la loro tomba, anime rastrellate e deportate.
Queste sono alcune delle riflessioni nate dopo il 2 febbraio scorso, giornata dedicata alla visita a Roma del ghetto ebraico e della mostra presso le Scuderie del Quirinale “Favoloso Calvino. Il mondo come opera d’arte, Carpaccio, De Chirico, Gnoli, Melotti e gli altri”. Protagonisti gli alunni delle classi terze del Liceo Scientifico e delle classi quarte del Liceo Linguistico, accompagnati dagli insegnanti Mauro Bacaloni, Angela Amici, Rita Coviello, Fabiola Cecchetti.
La mostra ci ha fatto conoscere un Calvino senza armatura, Italo in persona. Un Italo, il cui inchiostro, da mezzo, viene portato in vita; le pagine, da strumento, portate a realtà con quadri e sculture; i suoi ideali, come fine, risorti in noi. Opere di artisti internazionali, come Escher, De Chirico, Melotti e Picasso ci hanno mostrato Italo Calvino sotto ogni forma artistica, contemporanea e non, realistica e astratta. Siamo rimasti colpiti da come Calvino possa essere considerato un autore internazionale e di come sia diventato un intellettuale importante nelle culture di molti altri paesi. L’esempio più lampante lo dimostra la presenza, nella cultura spagnola, delle fiabe italiane raccolte da Calvino che tanti di noi hanno letto da piccoli.
Dopo questa mostra abbiamo potuto veramente comprendere la frase “La fantasia è un posto dove ci piove dentro”.
Un’altra citazione che abbiamo ritrovato nella vita di tutti i giorni è “La storia è fatta di piccoli gesti anonimi”, ma pensiamo che alcuni gesti non debbano rimanere anonimi né essere dimenticati: devono invece farci inciampare e quindi costringerci a riflettere. Questi gesti sono rappresentati dalle pietre d’inciampo che lasciano ombre che se notate portano alla luce gli ultimi istanti di vita apparentemente normale delle persone deportate durante i rastrellamenti. Ed è proprio nel ghetto ebraico di Roma che siamo stati urtati da una verità scomoda che, anche se non vorremmo, dobbiamo accettare per fare in modo che queste pagine di storia, macchiate da un inchiostro così nero, non vengano strappate.
Riccardo Marchetti,
Luigi Ghirri, Formigine, 1985
Tutti gli incipit romanzeschi inclusi in Se una notte d’inverno un viaggiatore s’interrompono quando il protagonista si rende conto di essere caduto in una trappola o di essersi cacciato comunque in una situazione in cui non riesce più a orientarsi. Così nel primo inizio di romanzo, quello che dà il titolo al libro, definito da Calvino il “romanzo della nebbia”. Nessuno ha rappresentato la nebbia meglio di Luigi Ghirri, fotografo del Novecento che ha collaborato a lungo con scrittori, in particolare con Gianni Celati, uno dei principali interlocutori di Calvino dalla fine degli anni Sessanta in poi.
I ragazzi davanti all’opera di Eva Jospin, Foret Palatine, 2019
Il bosco è il luogo per eccellenza delle sorprese, degli incontri, delle avventure. Ma oltre a simboleggiare l’erranza in un altrove fiabesco o labirintico, nell’opera di Calvino – così come nelle creazioni di Eva Jospin – le presenze arboree conservano il carattere di ambiente naturale, minacciato dal dilagare insensato e devastante delle azioni umane.
I ragazzi davanti all’opera di Richard Serra, Calvino, 2009
Dedicata a Calvino, quest’opera dell’artista californiano può evocare tanto un’esplosione – incluso il Big Bang dell’origine dell’universo , a cui Calvino dedica un racconto delle Cosmicomiche – quanto un’implosione, il titolo dell’ultimo racconto di Qfwfq dove il protagonista declama una parafrasi del monologo più celebre dello shakespeariano Amleto. Merita di essere ricordato anche l’articolo I buchi neri (Corriere della Sera, 7 settembre 1975) in cui il signor Palomar, colpito dalla nuova scoperta astronomica, non vede più l’universo “soltanto come uno spazio curvo, gibboso, bernoccoluto: è uno spazio discontinuo, lacunoso, crivellato da caverne, da crateri, da voragini”.
Ugo Mulas, Italo Calvino, Olivetti formes et recherche, Musée des arts décoratifs, Parigi, 1969, Milano.
Fausto Melotti, Le torri della città invisibile, 1976.
Da sempre l’immaginario calviniano si nutre di suggestioni visuali, fra cui numerose e variegate sono, in ogni fase, le esperienze artistiche. Singolarmente stretto è però il legame tra la genesi delle Città invisibili e l’opera di Fausto Melotti: “un paio d’anni fa ho visto le sculture di Melotti e mi sono messo a immaginare città filiformi, sottili, leggere, come quelle sculture”.